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Che cosa è l'Alap nella musica indiana?

L'introduzione nella musica indiana viene detta Ālāpa, che significa "discorso" e che serve a delineare il Raga attraverso un’esposizione melodica graduale. Nell' Ālāpa si possono identificare due fasi, una prima dove non vi è riferimento esplicito ad un ritmo e una seconda dove invece si presenta una pulsazione, che vede l'intensità ritmica aumentare gradualmente. L' Ālāpa può essere classificato sia dal punto di vista dell'estensione che dalla natura o dal carattere che si vuole esprimere. Abbiamo ad esempio l'Aucar Ālāpa, un modo non convenzionale di esporre un Raga attraverso una semplice descrizione sommaria introduttiva dei movimenti principali della scala, usato solitamente come preludio ad una più seria e profonda esposizione all'interno delle composizioni accompagnate dalle percussioni. Il Bandhan Ālāpa invece contiene nella prima parte una composizione specifica rappresentativa di una particolare lignaggio o Gharānā. Il musicista sceglierà di utilizzare queste composizioni melodiche per impressionare il pubblico e per sottolineare le specialità della propria scuola. Il termine bandhan qui assume il significato di "pre-composto", "legato ad una certa scuola". Quando il musicista è soddisfatto nell'aver reso onore alla propria scuola passa ad un'esposizione estemporanea dell’Ālāpa. Nel qaid (o kayed) Ālāpa viene creata una esposizione sistematica del Raga, dove ognuna delle note fondamentali viene presa come centrale, e attorno alla quale vengono costruite delle frasi atte ad esporre gradualmente il Raga scelto. Queste frasi diventano gradualmente più lunghe e più complesse e seguono una struttura gerarchica dei tetracordi delle tre ottave. Il termine qaid o kayed è da intendersi come 'rispettando le regole'. Infine, abbiamo il Vistara Ālāpa, dove tutte le note del Raga vengono introdotte gradualmente una alla volta, in modo che le frasi non vadano mai oltre la nota al di sotto sopra o al di sotto del fraseggio esposto precedentemente. Con quest'ultima tecnica si tende a creare un evento ogni volta che si introduce un nuovo grado della scala.

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Nel classificare invece la natura dell' Ālāpa bisogna tener conto sia della scuola o Gharānā di appartenenza del musicista che dello stile esecutivo. Proprio come in occidente un direttore d'orchestra influisce notevolmente sull'esecuzione di un pezzo, così nella musica indiana possono essere distinte quattro tecniche d'esecuzione:

 

  1. Gauḍa, Gauḍahāra o Gobarahāra Vāṅī: stile che si è evoluto nella regione  Gauḍa, antico nome del Bengala, conosciuto anche come ṤuddhaVāṅī  o stile puro. Non ci sono abbellimenti "inutili" o eccessivi sulle note, le quali sono utilizzate singolarmente privandole di ogni elemento decorativo, eccetto per i glissando, che sono le uniche ornamentazioni utilizzate in questo stile. Il Rabāb è lo strumento che esprime al meglio lo stile detto Gauḍa Vāṅī. Questa scuola di pensiero musicale utilizza principalmente come aspetti estetici ed emozionali il Śānta Rasa, ovvero l'essenza della pace e il Bhakti Rasa o essenza dell'amore devozionale.

 

  1. Ḍāgar Vāṅī: questo stile è molto più poetico ed intriso di abbellimenti rispetto al precedente. Vengono utilizzati molte più ornamentazioni e vengono prediletti oltre al Śānta Rasa anche il Madura Rasa, essenza dolce e affascinante ed in opposizione il Karuṇa Rasa, un'essenza tragica, che nasce da uno stato di insofferenza e di dolore.

 

  1. NauhāraVāṅī: alcuni musicisti affermano che questo nome derivi dal ruggito, come simbolo sonoro della regalità e della forza. In questo stile vengono utilizzate quasi tutte le tecniche di ornamentazione e si presta ad essere interpretabile da tutti gli strumenti melodici, cosa che non accade con gli altri stili che hanno strumenti specifici che interpretano il repertorio. Il Rasa principalmente espresso è Adbhuta o meraviglia.

 

  1. Khaṇḍāra Vāṅī: questo stile è caratterizzato principalmente dall'uso dei Gamaka e si esprime su un ritmo di velocità media e sostenuta. Le essenze espresse in questo stile sono spesso il coraggio, detto Vīra, e la meraviglia, detta Adbhuta.

 

 

Nella tradizione della musica classica indiana si parte da un tempo molto lento incrementando man mano la velocità. Bisogna sottolineare che nel Vilambita Laya, o tempo sostenuto, e anche nell'esposizione a velocità media, Madhya Laya, vengono utilizzati indistintamente lo stile Gauḍa e Ḍāgara. I quattro stili menzionati si ritrovano espressi sia nelle composizioni come nelle Tarānā che nell'Ālāpa, trovando i loro corrispettivi nel trattato Saṁgītaratnākara in quanto Gīti. L'emozione non dipende quindi solamente dalla combinazione delle note ma bensì dal modo in cui queste sono espresse. A livello prettamente tecnico esistono tradizionalmente tredici momenti all'interno dell'Ālāpa, ma uno di questi è caduto in disuso. Ad oggi è comunque raro trovare un musicista capace di soddisfare completamente tutti i momenti descritti dalla teoria. L'utilità nel seguire passo dopo passo questi stages dell'Ālāpa è quella di rendere un'esposizione che gradualmente e senza interruzione arriva al suo culmine. Così l'Ālāpa avrà soddisfatto la sua natura che è quella di portare l'ascoltatore alla quintessenza dell'estasi artistica ed estetica. I cantanti utilizzano sillabe prive di significato proprio per non distogliere l'attenzione del pubblico dall'esposizione melodica.

 

I tredici passaggi nell'Ālāpa sono:

 

  1. Vīlambita

 

  1. Madh o Madhya

 

  1. Druta

 

  1. Jhālā

 

  1. Ṭhoka

 

  1. Laḍī

 

  1. Laḍaguthāo

 

  1. Laḍalapeṭa

 

  1. Paraṇa

 

  1. Sāth

 

  1. Dhuyā

 

  • Māṭhā

 

  1. Paramāṭhā (divenuto obsoleto)

 

 

 

 

Questi momenti dell'Ālāpa vengono chiamati Aṁga, i punti (b) e (c)vengono chiamati Joḍ.  

 

 

(a) Vīlambita significa 'lento'. Le quattro parti dell'Ālāpa, Sthāyī, Antarā, Sañcārī e Ābhoga vengono presentate in un tempo sostenuto, che gradualmente aumenta di velocità, anche se a prescindere il tempo rimane sostenuto. Per rendere percettibile l'aumento graduale della velocità il Vīlambita viene suddiviso in tre momenti:

 

  1. Vīlambita - Vīlambita

  2. Vīlambita - Madhya

  3. Vīlambita - Druta

 

in particolare:

 

Vīlambita – Vīlambita: l'Ālāpa può iniziare dalla Graha Svara (la nota che formalmente viene utilizzata per iniziare un Rāga) per poi arrivare alla Aṁśa Svara (la nota principale di un  Rāga), nel caso in cui questa non sia la Graha Svara; dopodiché la Saṁvādī (la quarta o la quinta) della Aṁśa Svara dovrebbe soffermarsi su quest'ultima, concludendo il Tāna (variazione melodico ritmica) sulla Nyāsa Svara (nota conclusiva della variazione). In alternativa si può iniziare dal Ṣaḍja (tonica), dopodiché avendo toccato l'Aṁśa Svara e la sua Saṁvādī, bisognerebbe finire sulla Nyāsa Svara. Infine, si potrebbe iniziare dalla Aṁśa Svara e concludere sulla Saṁvādī. Bisogna sottolineare che nell'Ālāpa  tutto ciò che viene espresso nei primi tre momenti viene denominato Tāna e la fine di ogni Tāna è sottolineato da un fraseggio chiamato Moharā. Prolungare una composizione melodica senza Moharā, renderebbe l'esposizione estremamente noiosa, sia per il performer che per il pubblico. Inoltre il Moharā aiuta il musicista a cambiare il modello del Tāna.

 

Vīlambita – Madhya: risulta quasi come il precedente Vīlambita – Vīlambita con la sola differenza che piccoli Tāna, appena più veloci, dovrebbero essere inseriti tra i Tāna più lenti. In questa porzione vengono utilizzati i Vidāra Tāna (uso inaspettato o innaturale di una sequenza di note o una combinazione di note), e negli strumenti a corda viene introdotto l’utilizzo dei Cikārī (corde stimolate per uno scopo meramente ritmico o atte al creare il bordone). Viene utilizzata la strofa dell’Antarā.

 

Vīlambita – Druta: è relativamente più veloce, vengono introdotti Tāna più rapidi e vengono utilizzate le stanze Sañcārī e Ābhoga.

 

In tutti i suddetti passaggi bisognerebbe utilizzare un Moharā di tempo sostenuto per assicurare all'ascoltatore che il Vīlambita stia continuando. I Moharā, infatti, differiscono a secondo del tempo utilizzato.

 

Il termine Joḍ in hindi significa 'connessione' o anche 'attraverso il quale le cose sono connesse', ed indica la parte che collega la fase aritmica dell'Ālāpa con il Tāra-Ālāpa, parte ritmica, che contiene anche il Jhālā. Affinché il Joḍ possa esaurire questa sua funzione di congiunzione, dovrà essere espresso in un modo abbastanza leggero da non creare nessun tipo di distacco o discordanza con l'insieme.  Per questo verrà trasmesso, in questa fase di transizione, giusto un leggero accenno ritmico.

 

 

 (b) Madh o Madhya è la fase che mantiene un tempo di velocità media, dove accenni ritmici appaiono per la prima volta. Questo momento a sua volta va suddiviso in tre sub-categorie

 

  1. Madhya-Vīlambita

  2. Madhya-Madhya

  3. Madhya-Druta

 

 Questi sono termini relativi e non esistono effettive misurazioni di tempo che li possano fissare. Il tempo dipende dal musicista, ma va ricordato che alcuni strumenti permettono un'esecuzione più sostenuta rispetto ad altri.

 

Madhya-Vīlambita: I musicisti chiamano questa fase 'Ḍagar kī Baḍhat'. Ḍa, Ga e Ra sono i tre colpi utilizzati suonando la Vīṇā, mentre Baḍhat significa 'incrementare' e quindi, il tempo dei colpi  Ḍa, Ga e Ra incrementa di velocità. Questo sta a significare che la fase Madhya dovrebbe essere suonata più velocemente rispetto alla precedente Vīlambita. Elementi come i Cikārī, i Mīḍ (glissando) e i Syuṁt o Āśa (legato) diventano più frequenti rispetto alla fase precedente. Tutti i sessantatre Alaṁkāra precedentemente menzionati possono essere selettivamente utilizzati.

 

Madhya-Madhya: I musicisti chiamano questa fase 'Madh Joḍ' e a volte 'Barābar Kī Joḍ'. Tra i vari significati in hindi della parola 'Barābar', qui  assume il significato di 'scorrevole', 'che ben s'addice'. In questa fase vengono utilizzati i Gamaka-Joḍ (oscillazione legata alla nota di abbellimento), Mīḍ e i Syuṁt diventano meno frequenti e le note sono espresse indipendentemente. I Cikārī vengono utilizzati al minimo. Dato che vengono utilizzati i Gamaka, l'aspetto di questa fase a volte diventa quello della Khaṇḍāra Vāṅī e viene introdotto lo stile di composizione chiamato Viḍāra.

 

Madhya-Druta: Alcuni musicisti lo chiamano 'Laḍī-Joḍ'. Rimane molto simile al Madhya-Madhya, ma appena più veloce e l'utilizzo dei Cikārī diminuisce ancora di più.

 

 

(c) Druta si distingue dalla precedente con un tempo di velocità superiore e con assenza totale dei Cikārī. Anch'esso si suddivide in tre sub-categorie:

 

  1. Druta -Vīlambita

  2. Druta -Madhya

  3. Druta -Druta

 

Non sarà necessario entrare nel dettaglio di tali suddivisioni prendono come riferimento le precedenti.

 

 

(d) Jhālā -Sebbene le fasi precedenti coinvolgano sia i cantanti che i musicisti, questa fase è prettamente strumentale, anche se vi sono cantanti che vanno ad imitarne taluni effetti ritmici con la voce. Da questa parte in poi l'aspetto ritmico dell'Ālāpa diventa totalmente esplicito. A volte i musicisti introducono questa parte direttamente dal 'Madhya-Druta' precedentemente illustrato. Jhālā è un termine onomatopeico, rassomigliandosi al suono prodotto dai Cikārī. Il bordone prodotto da tre corde, accordate sul Pa (quinta), sul Sa centrale (tonica) e sul Sa dell'ottava superiore, serve da sfondo all'esposizione del Rāga. Il plettro o Mizrab, si muove velocemente tra i Cikārī e la corda atta a produrre la melodia, alternandosi in varie combinazioni ritmiche. A volte le percussioni iniziano da questo momento ad accompagnare lo strumento anche se di norma questo avviene solamente nella fase del Laḍī (composizioni accompagnate dalle percussioni).

 

 

(e) Ṭhoka – è una varietà del Jhālā, dove la combinazione ritmica tra la melodia, i Cikārī e le corde simpatetiche spesso prende più importanza del senso melodico. Ciò non toglie che va mantenuto sempre il senso del Rāga, rispettandone le regole, ma tutti i possibili giochi e miscugli ritmici di questa fase diventano l'attrazione principale per il pubblico. Il significato della parola Ṭhoka in Hindi è 'colpire'.

 

 

(f) Laḍī – in Hindi questo termine significa 'ghirlanda'. Da questo punto in avanti tutto va ad inserirsi nella categoria meglio conosciuta come Tāraparaṇa. Solitamente qui le percussioni fanno il proprio ingresso come accompagnamento. Nello stile Dhrupada per tale scopo viene utilizzato il Pakhāvaj, mentre nello stile più moderno denominato Khayal vengono utilizzati i Tablā. È scontato sottolineare che da questa fase in avanti il ritmo diventa dominante mentre vi è negligenza sull'aspetto melodico esposto esaurientemente in precedenza, pur comunque rispettando i criteri essenziali del Rāga. Laḍī è quindi una 'ghirlanda' di colpi, o Bola, utilizzati dalle percussioni. Viene preso in considerazione un breve fraseggio di Bola e da questo si sviluppano, sia da parte dello strumento melodico che da parte delle percussioni, una serie di variazioni, combinazioni e arrangiamenti. Tradizionalmente è lo strumento melodico che va ad imitare le Bola delle percussioni. In questa fase l'alfabeto ritmico dovrebbe mantenersi su aspetti semplici. Ad esempio la frase del Pakhāvaj

 

Dhuma Kita Tāka Tāka

 

potrà essere sviluppata in modo da diventare:

 

DhumaKita Tāka Tāka | DhumaKita Tāka Tāka |

DhumaKita DhumaKita | Tāka Tāka DhumaKita |

TākaDhuma KitaDhuma | Kitakita TākaDhuma |

 

e così via.

 

Su uno strumento a corda le relative Bola saranno:

 

Dārāḍāḍā Rāḍāḍārā | Dārāḍāḍā Rāḍāḍārā |

Dārāḍāḍā Dārāḍāḍā | Rāḍāḍārā Dārāḍāḍā |

Rāḍāḍārā Dārāḍāḍā | Rāḍārāḍā Rāḍāḍārā |

 

Naturalmente non esistono delle effettive corrispondenze tra i Bola delle percussioni e quelle dello strumento, ma individualmente lo strumentista andrà ad imitarne l'effetto ritmico come meglio crede. La conclusione di questa fase, a sostituzione del Moharā, è segnalata dal Tihāī (una forma ritmica che ripete per tre volte un fraseggio per concludere una variazione e terminare sulla prima nota della composizione o sul primo battito del ciclo ritmico), che a discrezione dei musicisti possono essere vari, senza naturalmente scadere nel noioso.

 

(g) Laḍaguthāo – questa parola combina Laḍī, che come detto prima significa 'ghirlanda' e Gutthī che significa 'colpire'. Non è altro che un Laḍī con dei movimenti ritmici più complessi.

 

 

(h) Laḍalapeṭa -Rientra nella descrizione delle due fasi precedenti ma con l'utilizzo degli Alaṁkāra come il Syuṁt (Āśa) e il Chūṭ per l'esposizione melodica.

 

 

(i) Paraṇa -In questa fase lo strumentista esprime il Tāla sui Cikārī e poi lo riproduce sulla corda dedicata alla melodia concludendo sul Sama (primo battito del ciclo ritmico)  simultaneamente con le percussioni. Questa fase viene chiamata anche Tāraparaṇa. Vi è quindi un alternarsi tra lo strumentista e il percussionista, dove uno replica il gioco ritmico dell'altro. Questo modo di suonare, in riferimento al percussionista, è denominato Javāb (replicare) Saṁgat (accompagnamento).

 

 

(l) Sāth -significa 'assieme'. È esattamente come la precedente fase, con la sola differenza che la composizione ritmica viene suonata simultaneamente, ed entrambi dovrebbero cadere assieme sul Sama per soddisfare l'ascoltatore.

 

 

(m) Dhuyā – quando Laḍī e Laḍaguthāo vengono espressi solo ritmicamente sui Cikārī, quindi senza melodia, questo viene definito Dhuyā.

 

 

(n) Māṭhā - quando Laḍī e  Laḍaguthāo vengono espressi uno dopo l'altro sulla corda dedicata alla melodia e poi sui Cikārī, questo viene definito Māṭhā.

 

 

 

(o) Paramāṭhā - quando Laḍī e Laḍaguthāo vengono in parte suonati sulla corda dedicata alla melodia ed in parte sui Cikārī, questo viene definito Paramāṭhā. C'è da sottolineare che quest'ultima fase è caduta in disuso.

 

 

È da sottolineare che i tre termini Dhuyā, Māṭhā e Paramāṭhā sono derivanti dai testi classici, subendo una diacronia semantica.

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