Strumenti Musicali dell'India

Il Sitar indiano è un pò come la chitarra per noi occidentali, anzi per molto aspetti è da paragonare al fascino della chitarra elettrica. In generale per molti di noi, il sitar rimane l’icona della musica indiana, soprattutto grazie alla fama che i Beatles gli hanno "garantito". La struttura e la qualità tonale di  questo strumento è il risultato di diversi anni di duro lavoro e dedizione da parte sia dei musicisti che dei Maestri liutai. Gli artigiani di Calcutta, tra cui Hiren Roy, Radha Krishna Sharma, Kanhailal e Hemen  hanno bisogno di una menzione speciale per il loro contributo alla realizzazione di uno strumento strutturalmente perfetto. Anche a Benares ad esempio, Maestri di liuteria come Nithai Chandra Nath e Radhey Shyam Sharma, sono d’origine bengalese.

Il nome Rudra Vina, scritto spesso Rudra Veena, appare per la prima volta nel Saṃgīta Makaranda di Nārada tra il quattordicesimo ed il quindicesimo secolo e si suppone che sia una derivazione della Kinnarī Vīṇā. Le principali differenze tra la Kinnarī Vīṇā e la Rudra Vīṇā si trovano sia nel numero di zucche o casse armoniche usate, che nella disposizione e nel numero dei tasti presenti. La Kinnarī Vīṇā ha infatti tre zucche: scegliendo di piazzare solo due zucche laterali si è creato lo spazio per il corpo dello strumentista, andando a creare così una simbiosi fisica e psichica tra strumento e musicista abbastanza unica.

La Tanjauri Vīṇā, o Saraswatī Vīṇā, è molto diversa dalla Vīṇā del nord dell'India, almeno in apparenza. Infatti, la disposizione delle corde principali e dei cikārī, il numero di tasti, la postura e anche una serie di tecniche di produzione del suono rimangono le stesse. Prima che acquisisse la forma attuale, la Saraswatī Vīṇā subì dal quattordicesimo secolo in poi diverse fasi di modifica. In effetti si potrebbe affermare che la Kinnarī Vīṇā, è stata modificata in Rudra Vīṇā al nord e in Tanjauri Vīṇā nel sud.