top of page

Strumenti Musicali dell'India

Taus, Dilruba, Esraj

Il Taus, il Dilruba e l’Esraj, sono strumenti ad arco dell’India settentrionale, tutti e tre con caratteristiche ibride del Sitār, come ad esempio manici lunghi, tastiera e corde di metallo, e del Sāraṅgī come ad esempio il piano armonico realizzato in pelle. Il più antico tra questi è il Taūs. Troviamo il primo riferimento a Taūs nel libro Ma'dan al-mūsīqī, scritto da Muhammad Karam Imam Khan nel 1856 e più tardi nello nel Yantra Kosha di S.M. Tagore (1875) e nel Sarmaya-i-ishrat di Sadiq Ali (1875), i quali attribuiscono l'origine del Taūs all'India nord-occidentale, in particolare alla cultura musicale del Punjab, dove uno strumento di origine persiana, chiamato kamāncha, ha dato probabilmente la base per l’invenzione di questo strumento. Il nome è legato alla forma alquanto originale del corpo di questo strumento, infatti il termine Taūs significa ‘pavone’ sia in arabo che in persiano e la parte inferiore di questo strumento è decorata a forma di pavone. Sono presenti addirittura anche degli inserti con le caratteristiche piume di quest’uccello, che oltre ad essere considerato sacro, apparendo come veicolo di divinità centrali all’induismo[1], viene associato all’aspetto spirituale della musica. Un altro nome utilizzato per indicare questo strumento è Mayūri Vīṇā[2] .

Il Taūs era comunemente usato come accompagnamento per i Kīrtana (musica devozionale) della tradizione Sikh, secondo la quale fu Kahan Singh, un musicista della corte Patiala, ad inventare per primo il Taūs e lo strumento rimase di moda per più di mezzo secolo fino all'inizio del XX secolo.

Mahant Gajja Singh (1850-1914), musicista della corte Patiala, viene accreditato come ideatore della Dilrubā. La caratteristica principale che determinò la differenziazione di questo nuovo strumento fu che il pavone venne rimosso e la cassa di risonanza prese la forma della cassa di risonanza della Sāraṅgī, mentre il manico, i tasti e la disposizione delle corde sono rimasero praticamente gli stessi. Probabilmente la parte del pavone dello strumento risultava delicata, difficile da maneggiare o da trasportare, tanto da dargli un carattere più minimale e pratico. Quella di eliminare sempre di più gli elementi decorativi dagli strumenti musicali fu comunque una tendenza sempre più comune, infatti mentre ci si allontanava dalla prosperità delle corti, ci si affacciava alla mediocrità insita nella mentalità moderna. Lo strumento Dilrubā divenne così una colonna fondamentale della musica devozionale Sikh.

Uno strumento simile che congiungeva le caratteristiche del Sitār con quelle del Sāraṅgī, diventando molto popolare in Bihar e Bengala circa un secolo e mezzo fa, fu l’Esrāja. Secondo la tradizione, questo strumento venne ideato da un artigiano bengalese alla corte di Wajid Ali Shah di Lucknow. Più tardi, quando Basant Khān, il famoso suonatore di Rabāb della Seniya Gharānā, si stabilì a Gayadham, probabilmente lo portò con sé e lo insegnò agli studenti locali, diffondendo così la popolarità dello strumento in tutto il Bihar. Secondo un’altra versione fu però uno degli studenti di Basat Khān Kanailal Dhendi a inventare questo strumento.

Sebbene sia difficile accertare il luogo esatto in cui l’Esrāja ha assunto la forma attuale, è certo che impose la propria presenza nella musica classica indiana a Gaya in Bihar ed in seguito è stato introdotto nel Bengala, dove è diventato uno strumento fondamentale per la Rabindra Saṃgīta[3]. Lo strumento successivamente si diffuse in tutta la regione orientale del Bengala, Orissa e Assam e sebbene non divenne mai popolare come strumento solista, acquisì un posto di rilievo per l’accompagnamento alla musica vocale.

Quando Rabīndra Nāth Thākhur fondò l'università Vishva Bharti a Shantiniketan, nel Bengala Occidentale, invitò un esponente di Esrāja, Ashesh Bandopadhyay, della Vishnupur Gharānā, dedicando un dipartimento nella facoltà di musica all’insegnamento di questo strumento. Ashesh Bandopadhyay a differenza di altri suonatori di Esrāja, teneva lo strumento dritto perpendicolare al terreno invece di appoggiarlo sulla spalla sinistra. Tra i numerosi studenti, Randhir Roy ha mostrato un talento particolare ed emerse un musicista solista dotato che ha creato il suo stile mescolando le tecniche del Sarod e del Sitār. Randhir Roy introdusse alcune modifiche nella struttura dell'Esrāja: ampliò il volume della cassa armonica, aumentò le dimensioni del manico sia in lunghezza che in larghezza, aggiunse un risuonatore metallico extra in cima come nel Sarod, aggiunse decorazioni con inserti in corno e avorio con intagli floreali come nel Sitār. Grazie alle modifiche apportate migliorò la qualità tonale e il volume rispetto al modello precedente, contribuendo ad affermare un riconoscimento diffuso tra i musicisti per sé ed per il suo strumento. Purtroppo questo artista lasciò il corpo prematuramente, e così la sua promettente carriera fu interrotta e anche se questa tradizione è stata trasmessa ai suoi studenti, tra cui Buddhadeb Das, un artista talentuoso che insegna a Shantiniketan, al giorno d'oggi è  molto raro che ci si imbatta in una esecuzione della Rabindra Saṃgīta  con l'Esrāja come accompagnamento, sostituito ormai dall'harmonium.

 

Simile fu il caso con il Dilrubā nel Punjab, dove lentamente preferirono accompagnare il canto con l'harmonium: risulta sicuramente più facile cantare e suonare contemporaneamente su questo strumento, piuttosto che su uno strumento ad arco che esige molta più concentrazione.

Per quanto riguarda la musica classica, sia il Dilrubā  che l'Esrāja, non ebbero mai troppa popolarità come strumenti solisti, mentre come strumenti per l’accompagnamento hanno avuto entrambi una vita molto breve, e ad oggi, sebbene non siano obsoleti, sono decisamente rari. Il Taūs  e il Kamāncha indiano sono ormai da considerarsi obsoleti e si possono trovare solo nei musei.

Sebbene entrambi questi strumenti, vale a dire Esrāja e Dilrubā , abbiano caratteristiche tecniche quasi gemellate, vi sono alcune differenze che giustificano la loro duplice identità.

Le somiglianze e le differenze in entrambi gli strumenti sono le seguenti:

Analogie:

(i) Entrambi gli strumenti sono emersi dopo aver fuso assieme le caratteristiche di Sāraṅgī e Sitār. Entrambi hanno un Smanico allungato con tasti in metallo e una piano armonico in pelle ed il suono viene stimolato con un archetto. Le corde sono di metallo invece che di budello e il suono viene prodotto con l'aiuto della punta delle dita della mano sinistra come il Sitār. Ricordiamo infatti che il Sāraṅgī invece monta corde in budello e il suono viene prodotto appoggiando sulla corda la radice dell’unghia delle dita della mano sinistra.

(ii) Il legno utilizzato per costruire la struttura è palissandro o teak. Il corpo è diviso in due parti, cioè il manico e la cassa di risonanza uniti giuntura che si chiama "gulu", il piano armonico è fatto da una membrana di pelle di capra su cui poggia il sottile come quello dei Sāraṅgī. Le corde principali poggiano sulle scanalature realizzate sul ponte, mentre le corde simpatiche passano attraverso i fori praticati nel ponte. Una cintura di pelle viene fissata saldamente sotto il ponte e inchiodata agli angoli della cassa di risonanza per dare un ulteriore sostegno alla pelle sotto il ponte. Nell'Esrāja questa cintura viene fissata sulla pelle, mentre nel Dilrubā la cintura è spesso incollata all'interno e non è visibile.

(iii) Il numero di tasti in entrambi gli strumenti è lo stesso, che varia da diciassette a diciannove. I tasti sono fatti di metallo, vengono fissati con un filo abbastanza spesso e come avviene nel Sitār possono essere spostati su e giù come e quando richiesto a seconda del microtono desiderato.

(iv) Le tecniche d’esecuzione di entrambi gli strumenti sono le stesse che si utilizzavano già per il Taūs. L’arco viene controllato con la mano destra e le dita della mano sinistra scivolano sulle corde ma solo longitudinalmente e le corde non vengono mai tirate come nel Sitār[4]. Quasi tutte le sfumature più sottili dei Sāraṅgī possono essere suonate su questo strumento, mentre la presenza di tasti facilita alcune delle tecniche simili al Sitār, rendendo possibile eseguire sia gli stili vocali, detti gāyakī, che quelli strumentali.

(v) La posizione con la quale si tengono l’ Esrāja, il Dilrubā e il Taūs  è quasi sempre la stessa: lo strumento viene appoggiato o sul grembo, o sulla superfice plantare o per terra davanti alle gambe incrociate e il manico viene fatto poggiare sulla spalla sinistra. Tuttavia, come ricordato pocanzi, Ashesh Bandopadhyay e tutti i musicisti appartenenti al suo lignaggio mantengono lo strumento dritto e non appoggiano il manico sulla loro spalla sinistra.

(vi) È presente in entrambi gli strumenti un listello di legno che viene aggiunto al lato del manico per accogliere le chiavette delle corde simpatetiche.

Differenze:

(i) La differenza principale tra Esrāja e Dilrubā è la forma della loro cassa armonica, nel Dilrubā è un parallelepipedo rettangolo irregolare piuttosto simile a quella della Sāraṅgī, mentre nell'Esrāja ha una cassa acustica tondeggiante a forma ovale con due mezze lune intagliate ai lati per facilitare l’ondeggiare dell’archetto.

(ii) Il manico del Dilrubā è più largo rispetto a quello del Esrāja, infatti riesce ad accogliere più corde simpatiche rispetto a quest’ultimo.

(iii) Sebbene la maggior parte dei Dilrubā presenta quattro corde principali come l'Esrāja, in alcuni Dilrubā troviamo sino a sei corde principali. Anche il numero di corde simpatiche varia: nell'Esrāja troviamo dieci o undici corde simpatiche, mentre nel Dilrubā  vengono montate sino a ventidue corde simpatiche, il che ne amplifica di gran lunga la risonanza. La disposizione e l’accordatura delle corde simpatiche nel Dilrubā seguono più o meno la logica dei Sāraṅgī.

(iv) La forma dell'arco dell'Esrāja è molto diversa da quella del Dilrubā, il primo utilizza archi simili a quelli utilizzati in occidente mentre il secondo utilizzi quelli tradizionali del Sāraṅgī.

 

Il Dilrubā è più popolare nell'India occidentale, da New Delhi al Punjab e l'Esrāja si è diffuso più nelle regioni orientali come il Bihar, il Bengala, l'Orissa e l'Assam.

 

[1] Sia l’aspetto divino della Saraswatī che quello di Kṛṣṇa, assieme a Lakṣmī,  Mayūreśvara (Gaṇeśa) e uno degli otto aspetti di Mahākāla Bhairava, vengono associati alla figura del pavone o alle piume ‘dai mille occhi’, caratteristiche del volatile.

[2] Mayūra è il termine sanscrito utilizzato per indicare il pavone

[3] La Rabindra Saṃgīta è una serie di composizioni poetiche basate sui Rāga composte Rabīndra Nāth Thākhur (inglesizzato Rabindranath Tagore), premio Nobel per la letteratura nel 1913 fu un poeta, prosatore, drammaturgo e filosofo bengalese.

[4] La curvatura dei tasti, tipica del Surabahār e del Sitār permette di suonare lo strumento sia longitudinalmente che perpendicolarmente, ma ciò non avviene negli strumenti in questione (Esrāja, Dilrubā e Taūs). Di fatto tecniche come mīḍ (inglesizzato meend) e gamaka vengono eseguite utilizzando la tradizione del Sāraṅgī come riferimento tecnico.

Vuoi imparare a suonare l'Esraj o il Dilruba?

IMPARA LE TECNICHE PRINCIPALI DELLA MUSICA INDIANA CON UN METODO SEMPLICE E PERSONALIZZATO!

Le mie lezioni di musica online sono il modo perfetto sia per imparare a cantare, o migliorare le tecniche vocali già acquisite, oppure per cominciare a  suonare il tuo strumento preferito o progredire nel tuo percorso musicale attraverso un metodo di insegnamento alternativo alla didattica occidentale. 

lezione gratuita.jpg

FREE

Inizia il tuo viaggio musicale con una lezione di musica gratuita introduttiva di un ora senza impegni

pacchetto di 10 ore di lezione.jpg

199

Acquisisci competenze di base con il pacchetto di lezioni di musica di 10 ore

+1 ora Gratis

16 ore di lezione.png

349

20 ore di lezioni di musica avanzate per migliorare le tue abilità e apprendere nuove tecniche.

L'obiettivo dei miei corsi di musica classica indiana è insegnarti le basi di questa meravigliosa forma d'arte. Imparerai a conoscere i vari Raga, o scale modali, i Tala o cicli ritmici, e le tecniche vocali e strumentali utilizzate per l'improvvisazione nella musica classica indiana.

Cosa rende distintivo il mio approccio all'insegnamento dell'Esraj e del Dilruba?

Il mio sistema di insegnamento è ovviamente unico e differente dagli altri e penso che imparare la musica seguendo l'approccio tradizionale indiano, sia il metodo più efficace a prescindere dal genere: pop, jazz, world fusion, elettronica, qualsiasi sia lo stile musicale che ti interessa, ti garantisco che grazie alla prospettiva indiana, avrai una marcia in più rispetto a tutti gli altri musicisti. 

Cosa imparerai?

Durante le mie lezioni utilizzo una varietà di tecniche ed esercizi per imparare ad improvvisare e comporre. Ciò che imparerai nei miei corsi di musica classica indiana si baserà sui concetti di scala modale e ciclo ritmico, ovvero Raga e Tala. Apprenderai inoltre le tecniche vocali e strumentali che pur basandosi sulla teoria musicale indiana, trovano applicazione anche al sistema musicale occidentale.

A chi sono rivolti i miei corsi?

I miei corsi sono rivolti in primis a tutti coloro che vogliono imparare a suonare la musica classica indiana e per iniziare non sono necessarie conoscenze o esperienze precedenti. Mi rivolgo inoltre a tutti i musicisti di tutti i livelli, principianti, intermedi e avanzati, proponendo del materiale di studio diverso dai soliti standard occidentali. 

Non vedo l'ora di conoscerti

la prima lezione è gratuita!

bottom of page